Messaggi di testo e posta elettronica: una sentenza

La Cassazione: pur privi di firma, provano i fatti in essi riportati, a meno che i soggetti contro cui sono prodotte le prove non ne disconoscano la conformità

Con la sentenza n°19155, emessa lo scorso 17 luglio (in fase di preparazione per la pubblicazione online), la Corte di Cassazione si espressa sul controverso tema riguardante l’efficacia probatoria dei messaggi di testo (SMS) e di quelli di posta elettronica.

Basandosi anche su precedenti pronunciamenti in materia, la Corte ha stabilito che tali tipologie di messaggi devono essere considerati come documenti elettronici al cui interno sono riportati atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Anche se privi di firma quindi, rientrano nel novero delle riproduzioni informatiche e delle rappresentazioni meccaniche e costituiscono quindi una piena prova dei fatti e delle cose riportati, a meno che i soggetti contro cui vengono prodotti non ne disconoscano la conformità ai fatti o alle cose medesime.

La sentenza è stata oggetto di approfondimento su Altalex, con un articolo a firma di Michele Iaselli che fa riferimento, tra le altre cose, al vulnus normativo messo in evidenza dalla  stesse.

“La decisione della Corte - si legge a riguardo - ha il pregio di evidenziare il vulnus di carattere normativo che contraddistingue attualmente il nostro ordinamento poiché i principi del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) in tema di documento informatico e di relativa efficacia probatoria non sono mai stati trasfusi nel corpus normativo codicistico e questa lacuna, evidenziata tra l’altro più volte dal Consiglio di Stato, produce inevitabilmente come conseguenza queste decisioni che non tengono conto del complesso e continuo excursus normativo, che contraddistingue proprio la tematica dell’efficacia probatoria del documento informatico”.

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ultima modifica 2019-08-27T17:33:57+01:00
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