In tempi di shutdowun la parola d’ordine è piano di backup

Il programmatore Eric Mill contesta l’uso esclusivo delle Application programming interface per fornire gli open data: in caso di interruzioni dei servizi come quella appena conclusasi negli Stati Uniti, afferma, l’unica soluzione è copiare i dati e renderli disponibili in molteplici punti d’accesso

Come notiziato nei giorni scorsi sul sito di ParER, lo shutdown governativo americano è scattato il primo ottobre, a seguito del mancato accordo tra democratici e repubblicani sulla legge di bilancio, e tra le altre cose ha causato la chiusura di numerosi siti e servizi istituzionali on line, comprese diverse banche dati di pubblico interesse. Ciò è proseguito fino a giovedì 17 ottobre, quando si è trovata finalmente un'intesa che ha permesso di porre fine alla serrata. Tornando sull’argomento di recente, e comunque prima della conclusione dello shutdwon, il sito Fierce Government ha spiegato che gran parte dei portali open data è stata di fatto non accessibile perché i programmi informatici messi a punto per permettere l’accesso alle varie tipologie di banche dati – API il termine con cui si fa loro riferimento tra gli addetti ai lavori – non sono stati oggetto di manutenzione e aggiornamento da parte delle agenzie federali responsabili del rilascio dei dati, essendo state queste ultime sostanzialmente inattive a causa dello shutdown. Nell’articolo si sottolinea come l’amministrazione Obama abbia puntato con forza negli ultimi anni sulle API per rendere più semplice e immediato l’accesso a ai dati, ma si evidenzia come questo tipo di scelta possa avere ricadute non indifferenti se le attività governative, come accaduto appunto nei giorni scorsi, sono interrotte. Le API vengono sostanzialmente paragonate a dai rubinetti, chiusi durante lo shutdown, e sarebbe stato proprio questo elemento a impedire l’erogazione di dati e informazioni che continuavano comunque a essere comunque prodotti, a varie tipologie di pubblici che ne avrebbero avuto un grande bisogno, spesso per fondamentali ragioni di tipo economico.

Questo punto di vista è stato evidenziato facendo riferimento in particolar modo ad un post di Eric Mill, programmatore americano in forza alla Sunlight Foundation, da anni impegnata sulle tematiche dell’open data e dell’open government. Nella sua riflessione, Miller non manca di evidenziare l’estrema utilità delle API e il vantaggio di potervi fare riferimento per accedere ad enormi quantità di dati senza particolari oneri. Allo stesso tempo però, sostiene che per far fronte ad improvvise interruzioni dei servizi come quella appena conclusasi, l’unica risposta efficace può e deve essere la disponibilità di un piano di backup.

“Non siamo più nel 1995 – scrive a riguardo – il governo è su Internet, e noi con lui. E non possiamo assolutamente perdere l’accesso a tutte le informazioni che mettono on line. Sappiamo benissimo perché l’Internet Archive conserva il web per conto nostro. E visto che lo sappiamo, dobbiamo riconoscere che l’unico modo possibile per salvare i dati on line è continuare a fare il maggior numero possibile di copie!

È per questo che una API governativa non sarà mai sufficiente. (…) Le API possono essere estremamente utili, ma sono anche una forma di controllo centralizzato e in alcuni momenti possono trasformarsi in rischiosissimi colli di bottiglia. In buona sostanza, le API sono un optional, mentre i dati sono assolutamente necessari”.

Proseguendo il ragionamento, Miller sostiene che il precipitare della situazione conseguente allo shutdown sarà sicuramente utile per aprire gli occhi della comunità impegnata sulle tematiche dell’open government, e rafforzare le ragioni di chi sostiene la necessità di conservare i dati. Nel testo si fa riferimento a diverse operazioni di backup già avviate di recente e sintomatiche di un vero e proprio cambio di rotta in tal senso; ma si auspica anche che questo cambiamento possa essere abbracciato da chi definisce le strategie nazionali in materia. “Devono capire – afferma – che anche se sono motivati dalle migliori intenzioni e agiscono per essere sempre al nostro servizio, talvolta non riescono a essere presenti come vorrebbero”. Miller però non si limita a formulare auspici in tal senso e va oltre, fornendo una serie di raccomandazioni alle agenzie federali. Di seguito la sua lista dei consigli:

  • Pubblicare e rendere disponibili per il download i patrimoni di dati in proprio possesso, prima, o comunque in parallelo allo sviluppo delle API;
  • Incoraggiare in maniera esplicita il riuso dei dati, e la loro pubblicazione su altri siti e server (considerare il riuso pubblico dei dati come rischioso non è quindi raccomandato);
  • Documentare in maniera precisa quali e quanti dati sarebbero comunque disponibili anche in caso di shutdown, e tenere costantemente aggiornati questo tipo di computi, senza aspettare di arrivare a ridosso o in concomitanza degli shutdown;
  • Linkare a risorse alternative per l’accesso ai dati, e tenere questi link attivi on line anche durante gli shutdown.

Siamo nelle condizioni di produrre copie dei dati governativi – conclude Miller – così come possiamo fare i backup delle nostre foto, di siti web o qualsiasi altra cosa di estrema importanza per noi. Le informazioni istituzionali sono qualcosa di troppo essenziale per essere distribuite solo ed esclusivamente attraverso rubinetti stretti e contorti. Se il nostro governo vuol agire da piattaforma abilitante nei nostri confronti, occorre che permetta alla persone di tenerla in piedi in caso di bisogno”.

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