Grafica digitale, con l'avvento di iOS7 scocca l'ora della maturità?

Addio orologi, scaffali, ombre e spessori: secondo diverse voci, la presentazione della nuova interfaccia Apple segna il definitivo abbandono della necessità di fare riferimento agli oggetti del “mondo reale” per disegnare le icone digitali

Lunedì scorso la Apple ha presentato a San Francisco una serie di novità riguardanti sia gli strumenti hardware, sia l’offerta di software e applicazioni. Per quanto concerne questo secondo aspetto, la notizia più attesa, nonché puntualmente confermata, aveva a che fare col radicale restyling delle interfacce grafiche con le quali si gestiscono le funzionalità degli smartphone e dei tablet. Come ampiamente annunciato, il redesign è stato ispirato dalla volontà di abbandonare lo skeumorfismo, detto anche desktop metaphor, ovvero la tendenza a fare riferimento ad oggetti materiali per contrassegnare le icone digitali e le funzioni cui rimandano. Gli esempi classici sono il quadrante dell’orologio per la consultazione dell’ora, il contenitore di fogli per la cartella di file, il telefono di bachelite per le chiamate vocali, lo scaffale in legno per l’offerta di libri e riviste, e via discorrendo. Ma non solo, perché nella tendenza rientrano anche gli spessori, le ombre e tutti quegli altri artifici grafici che tenderebbero ad attribuire un’idea di materialità alle icone, al fine di fornire una sorta di illusione del contatto fisico e tattile nel momento in cui si interagisce con gli schermi digitali. Tutto questo viene ora sostituito con un approccio che vira forte verso il minimalismo, la leggerezza e la sobrietà. Ma, anche e soprattutto, verso l’idea che gli ambienti digitali non abbiano più bisogno di fare riferimento alla realtà fisica per autorappresentarsi e acquisire senso agli occhi degli utenti.

Commentando la novità, da più parti si è fatto notare come Apple non abbia solo abbandonato uno stile di progettazione che essa stessa aveva portato in auge negli anni scorsi, ma abbia di fatto aderito ad un'idea alternativa abbracciata già da tempo da altre aziende, società e scuole di pensiero grafico. Lo stesso sito di ParER aveva segnalato di recente approfondimenti in materia, evidenziando i parallelismi concettuali tra l’aspirazione all'emancipazione dalla carta che permea tutto l’orizzonte della PA digitale, e una tendenza più generale che spinge progressivamente il mondo dei new media a sganciarsi dalla “tangibilità” del reale (link in calce).

Apple non avrebbe inventato insomma nulla di nuovo, hanno osservato in molti, ricordando come nel solo campo dei big, Microsoft abbia imboccato da tempo questa strada, prima con la stilizzazione radicale del logo di Windows, e successivamente con una profonda rivisitazione di tutte le icone che ne fanno parte. Ma se questo è vero, e se si può concordare con chi pensa che questo passaggio sia sintomatico dei primi segni di declino per un'azienda molto provata dalla scomparsa del proprio leader, occorre anche riconoscere che quella stessa azienda ha ancora oggi una fortissima capacità di presa simbolica sull’immaginario collettivo. Di conseguenza, la rivoluzione grafica sancita con l’avvento di iOS7, per quanto non originale, rappresenterebbe comunque un punto di svolta, nel suo piccolo epocale, destinato a segnare il futuro dell’informatica e del design digitale. In questi giorni sono stati molti i commenti, sia in ambito internazionale sia a livello nazionale, che hanno evidenziato questo aspetto. Tra questi, a mò di esempio, e in considerazione del punto di vista particolare di chi lo esprime, si riporta di seguito un breve passaggio estratto da un articolo di Roberto Marone, esperto di web design e progettazione grafica, nonché caporedattore del blog Doppiozero, testata sulla quale è stata pubblicata la sua riflessione.

“La verità – si legge in chiusura del suo intervento – è che ieri ci hanno cominciato a dire che oramai la grafica digitale, e la nostra percezione profonda delle cose digitali, non ha più bisogno di un alibi percettivo, del filtro ‘umanistico’, ma che invece siamo pronti, forse, a essere nativi digitali. E se ad alcuni può apparire un dettaglio, in realtà è un passo decisivo della cognizione. E non è poco”.

Leggi il commento integrale di Roberto Marone su Doppiozero

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