Dai floppy disk al museo: recuperate le opere digitali di Andy Warhol

Grazie all’interesse di un artista newyorchese, alcuni disegni realizzati nel 1985 con un Amiga 1.000 sono stati estratti dal supporto informatico sul quale erano stati salvati e saranno ora esposti nel museo di Pittsburgh dedicato al padre della pop art

La storia comincia nel 1985, quando Andy Warhol, su richiesta della Commodore, realizza alcuni opere digitali con il più potente computer della gamma dell’epoca, l’Amiga 1000, e partecipa anche ad una presentazione pubblica, durante la quale a partire da una foto disegna in tempo reale il ritratto della leader dei Blondie Debbie Harry. Negli anni successivi il filmato di quella performance viene caricato su YouTube, ed è proprio da quel filmato che si arriva all’annuncio dei giorni scorsi. Nel 2011 infatti, Cory Arcangel, artista americano di Brooklyn, si imbatte nel video e si chiede che fine abbiano fatto i lavori digitali di Warhol. Comincia a indagare a riguardo, e per farlo si mette subito in contatto con l’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, dal quale apprende che l'Amiga usato per quella presentazione era stato poi regalato all’artista, che lo aveva utilizzato anche per realizzare altri disegni digitali. Questi erano stati salvati su floppy e infine erano finiti proprio a Pittsburgh, dove erano stati sostanzialmente dimenticati senza che nessuno si chiedesse nel corso degli anni cosa contenessero.

La curiosità di Arcangel permette però di squarciare questo velo di oblio, e nel corso degli ultimi 3 anni,  anche grazie al Computer Club della Carnegie Mellon University, comincia un delicato lavoro per il recupero dei disegni digitali. Una operazione tutt’altro che semplice, come si ha modo ad esempio di leggere on line su Repubblica:

“Leggere dischetti registrati oltre 20 anni – recita il testo a riguardo – è un'operazione tutt'altro che semplice. Come tutti i supporti magnetici, i floppy disk possono deteriorarsi col tempo, sono estremamente delicati e il rischio, se semplicemente si provava a inserirli dentro un'Amiga ancora funzionante, era di perdere il loro contenuto. L'Andy Warhol Museum e Cory Arcangel hanno così chiesto l'aiuto del Computer Club della Carnegie Mellon University. Lungo tre anni di lavori, che saranno raccontati in un documentario che sarà mostrato il 10 maggio alla Carnegie Library di Pittsburgh, Arcangel e soci hanno recuperato 18 immagini, dodici delle quali firmate da Warhol. Tra queste, ci sono rivisitazioni digitali di alcune delle sue opere più famose, come il barattolo della zuppa Campbell, la banana della copertina dell'album di debutto dei Velvet Underground, il ritratto di Marilyn Monroe, un autoritratto e una versione a tre occhi della Nascita di Venere di Sandro Botticelli”.

Restituite alla storia e agli amanti di Warhol, le opere saranno presto esposte presso il museo di Pittsburgh. A testimonianza di come la fascinazione dell’artista per tutto ciò che sapesse e profumasse di nuovo abbracciò negli ultimi anni della sua vita (Warhol morì nel 1997) anche l’informatica e quei personal computer che da lì a poco, complice anche l’esplosione del fenomeno Internet, avrebbero rivoluzionato il mondo e con esso anche i destini dell’arte.

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