Digital Preservation for Libraries, Archives, and Museums, 1st edition

Quali conoscenze tecnologiche, di teoria del management e in materia di gestione dei documenti occorre possedere per avviare nuovi progetti di conservazione digitale? Alla domanda risponde un volume in lingua inglese pubblicato nel 2014

Nel 2014, gli esperti di conservazione digitale Edward M. Corrado e Heather Lea Moulaison hanno pubblicato per la casa editrice Rowmand & Littlefield il volume Digital Preservation for Libraries, Archives, and Museums. L’opera, in lingua inglese, viene presentata sul sito dell’editore con la seguente scheda:

Con Digital Preservation for Libraries, Archives, and Museums, si propone un nuovo approccio per avviare progetti di conservazione digitale, fornendo tutte le informazioni necessarie ai professionisti che stanno per mettersi al lavoro in questo campo. Pensato sia per il management sia per gli operatori, il volume si concentra sulle principali problematiche di gestione dei progetti e su alcune best practices.

Pur trattando estesamente di questioni tecnologiche, l’opera non è focalizzata solo ed esclusivamente su tali aspetti. Dopotutto le tecnologie cambiano, mentre la conservazione digitale deve essere pensata e realizzata con prospettive di lungo termine.

Non si tratta di un libro che spiega cosa fare, passo dopo passo, per alcune tipologie di contenuti in specifici contesti. Piuttosto fa riferimento ad alcune ‘famiglie’ di risorse che potrebbero essere custodite in svariate tipologie di sistemi di conservazione digitale. In sintesi, si tratta di un libro sulle ‘cose’ che occorrerebbe conoscere prima di cominciare (non solo tecnologiche, a livello di mere istruzioni o di mera teoria).

La conservazione digitale deve essere considerata come strettamente integrata nel ciclo di vita del contenuto digitale. Alcuni europei e nord-americani preferiscono parlare di digital curation, assumendo che la conservazione digitale sia limitata ai soli passaggi e processi necessari per permettere un accesso nel lungo periodo ai contenuti digitali. Gli autori adottano al contrario una prospettiva più ampia, considerando tutti gli aspetti della curatela e della conservazione digitale dei contenuti a lungo termine.

Il libro è articolato in quattro sezioni, basate sulla Triade della Conservazione Digitale:

  • Contestualizzare la conservazione digitale
  • Aspetti di gestione
  • Aspetti tecnologici
  • Aspetti legati ai contenuti.

L’opera è introdotta da una prefazione a cura di Michael Lesk, tra i precursori nella ricerca in materia di biblioteconomia e conservazione digitale, e un appendice contenente informazioni aggiuntive e risorse per gli addetti ai lavori. Una glossario permette infine una chiara comprensione dei termini presentati nel volume.

Segnalando l’opera sul proprio blog personale, l’esperta di conservazione digitale olandese Barbara Sierman scrive quanto segue:

Il volume si apre con una spiegazione di cosa non sia la conservazione digitale (come ad esempio le attività di backup e recovery, o i ripensamenti a posteriori) e prosegue con una affermazione di partenza che ispira l’intera trattazione: “permettere l’accesso nel lungo periodo ai contenuti digitali richiede una attenta attività di riflessione e pianificazione. Tecnologicamente, già oggi si dispone di tutti gli elementi per conservare in digitale. Può essere difficile ed è necessaria la conoscenza di una vasta gamma di aspetti ed elementi, ma utilizzando le dovute risorse, la conservazione digitale è un traguardo raggiungibile. In estrema sintesi, la conservazione digitale dovrebbe essere considerata come una attività strategica di management (…)

Il capitolo sugli aspetti di management si apre illustrando il principi di base del modello OAIS, mettendo in evidenza con estrema chiarezza che essi rappresentano di fatto l’essenza stessa della conservazione digitale. La conoscenza del modello dovrebbe essere diffusa nel management di un’organizzazione. Si tratta dell’unico modo per decidere con consapevolezza su aspetti fondamentali quali le risorse umane (formazione e aggiornamento) e la sostenibilità delle attività di conservazione digitale.

Il capitolo sulle tecnologie si concentra maggiormente sui metadati e i format dei file, e ancora sulle infrastrutture tecniche o repository, tema fortemente collegato ai meccanismi di affidabilità e sicurezza (audit e certificazione).

L’ultimo capitolo illustra aspetti legati alla gestione dei contenuti, tra i quali ad esempio lo sviluppo delle collezioni (…)

Di questo libro ho apprezzato l’approccio fortemente operativo e una descrizione nuda e cruda di cosa sia effettivamente la conservazione digitale. Gli autori insistono su fatto che i professionisti del settore dovrebbero convincere il proprio management che ‘la conservazione digitale è strategica per il conseguimento della mission organizzativa’. Non la si può dunque considerare come una semplice ‘attività di tecnologia sperimentale’ e perché ciò avvenga è molto importante ‘rendere evidenti gli svariati modi in cui la conservazione digitale aggiunge valore all’organizzazione’.

Uno dei limiti con i quali ci si scontra quando si prova a farlo, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale – conclude la Sierman – è che le persone tendono spesso ad associare le proprie conoscenze in materia di conservazione analogica con quelle relative alla conservazione digitale. Spesso, questo porta a formulare delle analogie mostruose. Questo volume non prova a circoscrivere i confini dei due concetti, ma mette chiaramente in evidenza che ‘il contenuto digitale – creato e reso accessibile come componente di un sistema di conservazione digitale – è fondamentalmente differente da un elemento analogico. Punto’.

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