Beyoncé and friends. Se la conservazione digitale diventa pop…

Perché per l’intera disciplina è un bene se una popstar dichiara di avere assunto un personal digital archivist? Alla domanda risponde Tess Webre, esperta del National Digital Information Infrastructure and Preservation Program della Library of Congress, sul blog The Signal

Il punto di partenza è una intervista a Beyoncé pubblicata di recente sulla versione americana di GQ. In quella che è una sorta di storia condensata della carriera della popstar, per rendere l’idea di quanto abbia realizzato e raccolto nel corso degli anni, a un certo punto si fa riferimento al suo archivio personale.

“Ogni volta che ha voglia di ripensare a tutto questo lavoro, o quasi tutto quello che è accaduto nella sua vita – recita il testo – non deve fare altro che percorrere il corridoio. Lì, di fronte alla stretta sala conferenze nella quale ci concede l’intervista, un’altra stanza lunga ed altrettanto stretta contiene l’archivio ufficiale di Beyoncé, un vero e proprio sistema di storage a temperatura controllata che contiene ogni singola foto che le è stata scattata (…) tutte le interviste che ha rilasciato, tutti i video degli show ai quali ha preso parte, e tutte le pagine di diario che ha scritto al computer nel corso degli anni (…).

Questo database digitale trae ispirazione dalla banca dati della NBC, e si configura tutt’oggi come un work in progress. Sono già due anni che si etichettano, datano e referenziano tra di loro i vari contenuti, e occorreranno ancora alcuni mesi prima che si arrivi al completamento del lavoro. Ma già adesso alcuni segnali luminosi lampeggianti ti fanno capire che il prodotto Beyoncé è sano e salvo, pronto per essere raccolto e monetizzato alla semplice pressione di un tasto. E questa stanza – che lei chiama il suo ‘pazzo archivio’ – è l’elemento fondamentale per rispondere ad un bisogno che spiega così: ‘voglio quella intervista che feci tempo fa per GQ, e in questo modo possiamo ottenerla’. E in effetti, la troverà, perché la stanza in cui siedi è equipaggiata con una telecamera e un microfono in grado di catturare non solo tutte le sue espressioni, ma anche le nostre. E si tratta di una regola basilare: prima di vedere Beyoncé, devi dare l’assenso a finire per sempre con lei, nel suo archivio personale”.

Capricci da star? Ultima moda in ordine di tempo per scacciare la noia che già instilla l’idea l’idea del social media strategist? Niente affatto, sostiene l’esperta Tess Webre sul blog The Signal, perché se a una prima lettura tutto ciò può apparire stravagante, occorre riconoscere che un simile endorsement alla conservazione digitale è come manna dal cielo per gli addetti ai lavori e gli amanti della disciplina. Se infatti se ne comincia a parlare anche su GQ, e magari grazie a Beyoncé si scatenano fenomeni di emulazione o vere proprie mode – è il succo della storia – c’è solo a guadagnare per chi da anni è impegnato in iniziative di sensibilizzazione e divulgazione sull’importanza di salvaguardare le memorie digitali personali.

“È vero che il suo archivio personale sarà decisamente più voluminoso del mio – scrive la Webre – ma io non finirò mai sulla copertina di un magazine. E a ben vedere, non si tratta di nient’altro che di tenere in ordine la propria abitazione digitale. È complicato capire che non si tratta di uno svilimento della conservazione digitale, e per questo voglio dedicare qualche pensiero a riguardo.

È davvero lodevole che questa star abbia deciso di prendersi cura del proprio patrimonio digitale, e questa andrebbe vista come una iniziativa responsabile da parte di una persona che vuole controllare il destino dei propri dati, consapevole del lavoro che occorre per riuscirci. Fare affidamento a professionisti della conservazione digitale è la prova che questa pratica è un investimento valido, sia a livello professionale sia a livello personale. Farvi affidamento dimostra che ricorrere a determinati standard, quale ad esempio il controllo della temperatura degli ambienti, impatta positivamente sulla longevità dei dati, e non dovrebbe essere materia di interesse solo per le istituzioni e le grandi organizzazioni. Farvi affidamento dimostra che se vale la pena fare qualcosa, vale la pena farla bene, e a questa regola non sfugge neanche la conservazione digitale.

Non si tratta dell’unico caso di celebrità che si sono avventurate nel mondo della conservazione digitale e hanno capito l’importanza di prendersi cura dei propri dati di recente. In un documentario prodotto di recente, Keanu Reeves riflette sul modo in cui si potrà accedere un domani ai film girati oggi in digitale (leggi la news di ParER, ndr). E lo scrittore Salman Rushdie ha fatto scalpore donando alcuni vecchi pc all’ Emory Archives. La consapevolezza sull’importanza di conservare i propri dati digitali sta crescendo, e in virtù di ciò dovremmo aspettarci altri esempi di questo genere nello star system.

Infine, volevo ringraziare l’archivista digitale che supporta Beyoncé. Grazie per il servizio che stai rendendo alla professione archivistica in generale, e alla conservazione digitale in particolare. Lavorando al fianco di una star devi dimostrare che si tratta di un buon investimento. Più i vostri committenti useranno gli archivi, più sosterranno in pubblico l’importanza del persona digital archiving, più in ultima analisi questa pratica avrà chance di diffondersi. Si dovrebbe fare in modo che il personal digital archivist divenga il nuovo must delle celebrità: sarebbe il modo per far capire che l’habitat di un archivista non è necessariamente il seminterrato di una grande istituzione, ma può essere anche il red carpet.

Sono sicura che riuscirai in questo compito. Stai fornendo un grosso servizio come pioniere della nostra causa, e di questo ti rendo merito”.

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